La digitalizzazione non è più una sconosciuta, anzi, è un argomento che in tutte le sue declinazioni suscita largo interesse e desiderio di approfondimento: lo dimostra chiaramente l’esito del DIG.Eat 2015, annuale evento sull’innovazione digitale di ANORC che si è svolto a Roma ieri, 14 ottobre, con grande partecipazione di pubblico. Un pubblico variegato che appare sempre meno ingenuo e sempre più motivato a capire appieno le possibilità che la digitalizzazione schiude, ma anche le possibili contraddizioni, criticità e rischi per i nostri dati e documenti.
In tutte le tavole rotonde l’argomento ricorrente è stato il livello ancora insoddisfacente dell’innovazione digitale nel nostro Paese, le cui principali cause sono state rintracciate non solo nei ritardi delle iniziative di governo, nella proliferazione di normative spesso in contrasto tra di loro e nella mancanza di una regia univoca e forte che si occupi di tutti i processi digitali, ma anche in una tendenza diffusa, in PA e aziende italiane, ad adeguarsi ai cambiamenti digitali solo quando si è obbligati dalla norma e solo all’ultimo momento – “a mezzanotte meno cinque”, come ha ribadito più di un relatore – ovvero a ridosso delle scadenze di legge, quando c’è lo spauracchio di una possibile sanzione a fungere da incentivo e mai con una pianificazione più ampia e ragionata, dando vita in questo modo a processi digitali purtroppo frammentati e disorganizzati. E poi ancora, la presunzione invalsa di poter ottenere tutti i vantaggi economici della digitalizzazione senza investire delle risorse nella sua stessa realizzazione, la così detta “digitalizzazione a costo zero”, entità quasi mitologica della quale si fa ancora fatica ad accettare l’irrealizzabilità .
Per mettere a punto un cambiamento serio ed efficace occorre invece investire tempo e risorse non solo negli strumenti ma anche nella formazione di valide competenze: “I professionisti seri e preparati sono in via d’estinzione” ha affermato il Presidente ANORC, Andrea Lisi, “e se ne avverte ancora di più la mancanza nella gestione dei processi digitali nella quale l’improvvisazione e la mancanza di know how può provocare rallentamenti, intoppi e recare danni incalcolabili ai nostri dati”.
Per superare quest’impasse una delle soluzioni maggiormente auspicabili appare quella, proposta da Maria Pia Giovannini di AgID all’apertura dei lavori, ovvero un’ampia collaborazione tra PA, aziende e associazioni di settore che, fuori da divisioni di parte, dovrebbero collaborare per raggiungere l’obiettivo comune del progresso digitale del Paese.