Intervista speciale pre-DIG.eat – Andrea Lisi intervista Guido Scorza

Spezzare l’antitesi tra il diritto alla privacy e la libera circolazione di una informazione è la battaglia condotta da Guido Scorza (neo componente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali).  Questa sfida, che richiede un radicale cambio culturale, è stato oggetto dell’intervista con Andrea Lisi, presidente di ANORC Professioni. Tale argomento ha avuto come campo di confronto il webinar dedicato alle nuove Linee guida di AgID sulla trasformazione digitale nella Pubblica Amministrazione promosso e organizzato dall’Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali in collaborazione con l’agenzia stampa Dire.

A: Componente dell’Autorità garante (avvocato e attivista): come si fa ad innovare in questa veste?
G: La speranza è che ci si riesca sempre. Certo sono solo all’inizio di questa avventura, ma credo che le opportunità per la privacy siano enormi. Si apre il giornale la mattina e si decide di scegliere su quale aspetto concentrarsi, qual è la priorità. Sull’innovazione, sia dal punto di vista della normativa sulla privacy che dei diritti della persona, c’è tanto lavoro che si può fare. La sfida più importante che ci aspetta è di matrice culturale, la complessità maggiore, che ho percepito fin dal mio arrivo all’Authority, è essere garante di un diritto che la gran parte dei cittadini non sa di avere o di cui non apprezza la centralità nella propria vita. Fondamentale quindi per me è non smettere di scrivere, parlare, stare in mezzo alla gente, proteso verso l’alfabetizzazione digitale, perché la missione che ci aspetta è far innamorare i cittadini del diritto alla privacy. Per quanto si può essere bravi, parlo dei regolatori e dei legislatori, non è a colpi di sanzioni che si affermerà il diritto alla privacy.

A: La privacy è entrata nel glossario dei cittadini, ma dovremmo parlare di più della protezione del dato e di come farlo liberamente circolare. Tutto sta andando verso il cloud: anche i piani triennali della PA sono all’insegna del ‘cloud first’. Ci dobbiamo davvero innamorare del cloud?
G
: É sbagliato per definizione innamorarci di una tecnologia poiché dura lo spazio di un lustro, spesso anche meno. Il cloud non farà differenza, è una tendenza del momento. Il tema però fa da principe: il trasferimento dei dati verso l’estero, caratteristica del cloud – tanto da far dire a qualcuno nazionalizziamo il cloud – può portare alla deriva o dare una direzione alla vela. Io penso che più che discutere di cloud nazionale o sovranazionale, serva affrontare un processo di progressiva convenzione internazionale che ci dia la serenità che il dato raccolto sia gestito e conservato correttamente. Non c’è antagonismo tra diritto alla privacy e libera circolazione dei dati.

A: L’equilibrio tra privacy e libertà non è una questione limitata ai nostri confini. Come ha detto Barack Obama nel 2009, nel suo discorso di insediamento per il suo primo mandato alla Casa Bianca, i conservatori digitali costituiscono un baluardo di qualsiasi democrazia. Il mondo della custodia dei documenti digitali informatici merita, quindi, nuovi codici di condotta o norme deontologiche che possano aiutare nel facilitare la ricerca di questo equilibrio? Per esempio, ANORC a breve presenterà formalmente al garante un codice di condotta per i conservatori informatici…
G: Un codice di condotta può aiutare a specificare meglio, nei diversi ambiti di mercato, il ruolo dei conservatori, dei gestori degli archivi dei dati e dei documenti informatici, i quali hanno già uno ‘statuto’ che impone loro regole in cambio di garanzie. Ma è opportuno e auspicabile nel breve periodo che ogni comparto, dalla PA al privato e alle diverse categorie, differenzi le sue regole per restituire un servizio più puntuale.

[Comunicato a cura di Agenzia Stampa DiRE]

Vedi l’intervista integrale: