Hackathon: al Vaticano la prima edizione del VHacks

Si è svolto in questo weekend, nella Città del Vaticano, il primo VHacks V(atican)- Hack(athon), termine derivante dalla crasi tra “Hack” e “Maraton”, un evento aperto a professionisti di ambito informatico quali sviluppatori di software, programmatori, grafici e project manager, fortemente voluto dal Papa.

L’incontro ha inteso fornire risposte concrete a dei temi particolarmente sentiti dalla Chiesa cattolica, ovvero inclusione sociale, dialogo tra le religioni, migranti e rifugiati, ponendo al centro del dibattito le nuove tecnologie, riconoscendone esplicitamente le altissime potenzialità. Il digitale era peraltro già stato oggetto di attenzioni in ambito ecclesiastico, basti pensare all’”Order of Preachers for Technology, Information and Communication” fondato da padre Eric Salobir, con l’obiettivo di valorizzare l’operato dell’istituzione religiosa a mezzo delle tecnologie digitali. Il Vaticano, fa scuola a molte realtà sovranazionali che, invece, pare sottovalutino ancora l’importanza del processo di digitalizzazione.

Un’altra lezione di progresso digitale ci viene fornita proprio in questi giorni dalla Germania, dove il nuovo esecutivo guidato da Angela Merkel, annovera tra le fila il neo Ministero per gli Affari Digitali, affidato ad una donna, Dorothea Baer. Il ministro, già ribattezzato “Handy Ministerin” (la Ministra dello smartphone) si occuperà di promuovere e coordinare lo sviluppo dell’agenda digitale del paese velocizzandone l’attuazione. Tralasciando le implicazioni sociologiche che il confronto tra istituzioni politiche e religiose può facilmente comportare, è evidente che sia il Vaticano, che la Germania hanno inteso strutturare dei percorsi di crescita digitale, puntando alla realizzazione di obiettivi ben precisi, improntati alla valorizzazione delle competenze.

Rivolgendo lo sguardo all’Italia, il discorso si complica non poco. Abbiamo recentemente assistito alla pubblicazione della “nuova versione” del CAD – la sesta in ordine di tempo, con la quale il Legislatore ha dato prosecuzione a un’opera “demolitiva” portata avanti sin dal 2016, nei riguardi in particolare dell’art. 52. Mediante la successione di alcuni interventi[1] il Legislatore ha dapprima eliminato la rendicontazione annuale al Parlamento ad opera del Presidente del Consiglio e successivamente ha sollevato la stessa AgID dagli obblighi informativi nei confronti della Presidenza del consiglio, privando conseguentemente i cittadini delle informazioni desumibili dal rapporto consultabile online. Un duro colpo nei confronti dei principi di trasparenza e di partecipazione, parole d’ordine degli ultimi anni. Alla luce dei recenti sviluppi, il percorso fin qui tracciato, pare non reggere il confronto con realtà quali la Germania o Città del Vaticano.

Sull’argomento riportiamo i commenti del dott. Alessandro Selam – Direttore Generale di ANORC: “Invece di procedere per abrogazioni, si dovrebbe promuovere una presa di coscienza collettiva sullo stato dell’arte in Italia. È il momento per cambiare rotta, prima di essere nuovamente vittime della legge del contrappasso. È in queste occasioni che bisogna ricordare un personaggio esemplare come Bassanini che, già negli anni novanta, con una serie di interventi normativi, promuoveva una riforma dell’apparato amministrativo volto alla semplificazione, dirigendo lo sguardo a principi quali la sussidiarietà e lo sviluppo dell’informatizzazione, mediante l’adozione di strumenti telematici. Eravamo d’esempio all’Europa come apertura alla digitalizzazione, mentre ora ne siamo il fanalino di coda.

Abbiamo prodotto il CAD nel 2005 e nei dodici anni seguenti non abbiamo fatto altro che modificarlo, privandolo della stabilità che caratterizza un Codice applicabile. Al momento, il nostro riferimento normativo nazionale in tema di amministrazione digitale è un testo ipertrofico, complesso da consultare anche per i professionisti del settore. Si dovrebbe ripartire da zero, elaborare un nuovo codice, semplice, pratico, fondato su una decina di principi che mantengano la loro stabilità nel tempo, demandando ad altre fonti le norme tecniche. Ovviamente per fare questo dovremmo poter contare su una classe politica formata al digitale, obiettivo da cui siamo ben lontani”.

Con l’intento di promuovere la ricerca di una linea programmatica utile per l’innovazione digitale, ANORC e ANORC Professioni hanno recentemente presentato un “manifesto per l’innovazione digitale” frutto del gruppo di lavoro interassociativo per la Governance Digitale, composta da pochi e semplici punti, accessibili e implementabili, esattamente come la digitalizzazione dovrebbe essere, come si spera che la normativa che la supporta possa diventare.


[1] D.lgs 26 agosto 2016 n.179 e D.Lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017