La validità delle firme digitali nel lungo periodo. L’approfondimento dell’ing. Giovanni Manca

La validità delle firme digitali nel lungo periodo è il titolo di un mio articolo che fu pubblicato nel 2006. Ma nel 2020, in un momento storico durante il quale la sottoscrizione informatica si sta diffondendo con numeri che hanno superato i 20 milioni di utenze attive per la firma qualificata/digitale (fonte: Agenzia per l’Italia Digitale), ancora si dice che “la firma digitale scade”.

Quindi si rende necessaria una nuova imbiancatura della parete che si è un po’ ingrigita.

La firma digitale non scade

Iniziamo con un concetto base, analizziamo la normativa di riferimento sia primaria (il Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD), che tecnica (DPCM 22 febbraio 2013).
Nel Codice dell’Amministrazione Digitale il comma di riferimento è il 4-bis dell’articolo 24.

“4-bis. L’apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante o chi richiede la sospensione, non dimostri che essa era a conoscenza di tutte le parti interessate”.

Questo comma ci dice chiaramente che la firma non scade, ma può addirittura non esistere (mancata sottoscrizione) in particolari condizioni dovute al certificato digitale del sottoscrittore. Queste condizioni comportano la revoca del certificato ovvero la condizione per la quale il certificato non è più valido.
Il provvedimento di revoca può scaturire da varie circostanze (si considerano noti i meccanismi alla base della firma digitale):

  • compromissione rilevata o semplicemente sospettata della chiave privata corrispondente alla chiave pubblica contenuta nel certificato;
  • smarrimento del dispositivo di firma;
  • compromissione della segretezza della chiave o del suo codice di attivazione (PIN);
  • compromissione del suo utilizzo (perdita del PIN, guasto del dispositivo, ecc.);
  • cambiamento dei dati del titolare presenti nel certificato;
  • termine del rapporto tra il titolare e il Certificatore;
  • mancato rispetto del Manuale Operativo;
  • cambiamento di una qualsiasi delle informazioni presenti nel certificato digitale;
  • non sussistenza delle condizioni iniziali di registrazione.

 

La revoca è definitiva, mentre non lo è la sospensione che può essere annullata. La sospensione può essere richiesta dal titolare o attivata dal certificatore quando le condizioni che potrebbero indurre alla revoca sono non più sussistenti. Un caso tipico è la temporanea perdita di possesso del dispositivo di firma con la successiva verifica che quest’ultimo non è guasto (ovvero il PIN non sia compromesso o smarrito).

La fattispecie operativa, sempre presente per il certificato, è la sua scadenza di validità. Nel certificato sono sempre presenti due clausole (validity not before e not after). Il certificato è attivo nella data e ora riportata, e scade nella data e ora indicate nel not after.

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Perché scade il certificato

Il motivo storico è lontano nei tempi e compare nella prima versione dello standard ITU-T X.509 nei tardi anni ’80. Il certificato deve essere sottoscritto dal soggetto che lo emette (il Certificatore – terza parte fidata).
Questa sottoscrizione utilizza un tipo di crittografia che è soggetta a perdere forza con il passare del tempo. Negli anni iniziali si utilizzavano chiavi asimmetriche di lunghezza pari a 512 bit, per poi passare a 1024 e oggi a 2048. Nella realtà l’indebolimento dell’algoritmo è estremamente prudenziale rispetto alla realtà dei fatti, ma l’indicazione degli organismi internazionali inducono i Governi nazionali a regole altrettanto prudenziali.

Nella realtà corrente la scadenza del certificato è dettata da motivi commerciali. Alla scadenza naturale il Certificatore chiede il rinnovo per un ulteriore periodo di validità che è, in generale, di tre anni.
La fortissima diffusione della firma remota e il progressivo abbandono della smart card da parte dell’utenza ha favorito una gestione molto efficiente dei certificati, che non sono più da installare su dispositivi personali, ma sono attivi su server remoti (HSM – High Security Module). La gestione del certificato è talmente efficiente che si è diffusa una modalità di sottoscrizione singola (detta commercialmente “one shot”, “a strappo”, disposable, ecc.) che si utilizza per una sola sottoscrizione digitale, dopo la quale il certificato viene revocato.

Questa circostanza è per dire che quest’ultima fattispecie di firma deve rimanere valida nonostante la revoca del certificato. Ma sia per la revoca, che per la scadenza del certificato, ci viene in aiuto il DPCM 22 febbraio 2013 e in particolare l’articolo 62, comma 1:

  1. Le firme elettroniche qualificate e digitali, ancorché sia scaduto, revocato o sospeso il relativo certificato qualificato del sottoscrittore, sono valide se alle stesse è associabile un riferimento temporale opponibile ai terzi che collochi la generazione di dette firme rispettivamente in un momento precedente alla scadenza, revoca o sospensione del suddetto certificato.

Collocare nel tempo con certezza

È evidente quindi che un documento sottoscritto, quando si utilizzano certificati anche non qualificati, deve essere collocato nel tempo con certezza (riferimento temporale opponibile ai terzi).

I riferimenti temporali opponibili ai terzi sono stabiliti nell’articolo 41 del DPCM 22 febbraio 2013. È possibile scegliere, sulla base delle esigenze applicative o dello scenario operativo tra varie opzioni. Le più diffuse sono la conservazione digitale secondo le norme vigenti, ad opera di un pubblico ufficiale o di una pubblica amministrazione e la marcatura temporale. Sono utilizzabili anche la PEC e in particolare le ricevute del sistema, la segnatura di protocollo conforme alla normativa di riferimento e la marcatura postale elettronica.

Per quanto esposto si comprende che la firma digitale non scade. A scadere è il certificato del sottoscrittore e questo circostanza deve essere gestita attraverso l’associazione di un riferimento temporale opponibile ai terzi.