Mal di PEC!

Mal di PEC!

Nel bando CEC-PAC Poste Italiane è risultata prima alle selezioni: che dire, non ce l’aspettavamo!

 

di A.Lisi e L.Foglia (Digital&Law Department – www.studiolegalelisi.it)

 

 

Il 25 gennaio il Dipartimento per la Digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’Innovazione tecnologica (DDI), costituito in seno al Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, ha comunicato[1] la conclusione della fase di selezione delle offerte per la concessione del servizio di Posta elettronica certificata (PEC o meglio CEC-PAC) gratuita per i cittadini. Come già  avevamo previsto[2] il raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Poste Italiane, Postecom e Telecom Italia è risultato primo in graduatoria battendo le proposte concorrenti di Aruba, Fastweb e Lottomatica.

Per l’assegnazione definitiva occorrerà  attendere ancora qualche giorno, ma con ogni probabilità  il bando, e i 50 milioni di euro previsti per la sua realizzazione, andranno alla “virtuosa” unione tra Poste italiane (con la sua rete capillare di sportelli presenti sul territorio) e la Telecom (nota per le sue capacità  tecnico-informatiche).

 

Come per ogni buona Cassandra l’auspicio di tanti (prima tra tutti l’ANCI[3]), affinchè venissero individuate modalità  per limitare il rischio che si creasse una posizione dominante da parte dell’affidatario del servizio a scapito del mercato, è rimasto inascoltato.

In effetti, dopo la risposta del Ministro Brunetta[4], nessuno aveva sperato in un cambio di direzione o quantomeno in un aggiustamento del bando. Il Bando del Dipartimento per la Digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’Innovazione tecnologica si è limitato a fornire una risposta a quanto previsto dal DPCM 6 maggio 2009: la colpa in fondo non è loro; possibile che se la prendano tutti con il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione?

 

Restano, oltretutto, ancora irrisolti i numerosi dubbi sollevati in passato[5] sia sulla reale utilità  di uno strumento “Simil-PEC” destinato "esclusivamente alle comunicazioni tra PA e cittadino, e viceversa" sia sul contenuto di quel misterioso fascicolo elettronico che sarà  costituito insieme ad ogni CEC-PAC e su come sarà  tutelata la privacy dei cittadini relativamente al suo contenuto. Inoltre, nessuno si sta ponendo con la dovuta attenzione le innumerevoli problematiche che l’adozione massiva della PEC e della nuova CEC PAC comportano in termini di protocollazione, gestione di buste, certificati e loro corretta conservazione nel tempo.[6]

 

Come ha sottolineato Brunetta ” Non potevamo regalare uno strumento utilizzabile in ogni settore. Saremmo entrati a gamba tesa nel mercato privato degli operatori Pec. Quale operatore sarebbe stato in grado di competere con una Pec pubblica gratuita?”. Effettivamente nessuno avrebbe potuto competere. Ma spendere 50 milioni di euro (dei contribuenti) per una CEC-PAC (che a nostro avviso, quindi, è tutt’altro che gratuita) per poi chiederne altri (sempre ai cittadini) per una PEC privata a noi appare un’entrata a gambe unite sui fianchi degli italiani!



[1]  http://www.innovazionepa.gov.it/ministro/salastampa/notizie/6990.htm 

 

[2] Pec, un bando a misura di poste su :http://www.corrierecomunicazioni.it/pdf_giornale/1/2009/15/CorCom_09.pdf

 

[3] http://www.anci.it/index.cfm?layout=dettaglio&IdSez=10970&IdDett=18421

 

[4] http://www.corrierecomunicazioni.it/index.php?section=news&idNotizia=74947 

 

[5] http://punto-informatico.it/2699360/PI/Commenti/ma-che-cec-pac-dici.aspx 

 

[6] Per un approfondimento di questi temi si consiglia vivamente la lettura dell’articolo Che PEC-cato! La posta elettronica certificata tra equivoci e limitati utilizzi concreti a firma di A. Lisi e G. Penzo Doria disponibile alla pagina http://www.studiolegalelisi.it/document/PEC%202010%20PENZO-LISI%20IMPRIMATUR.pdf. Nell’articolo citato si sottolinea come le recenti normative entrate in vigore in materia di digitalizzazione documentale amministrativa confondano il contenitore (pur chiuso con ceralacca informatica!) con il contenuto e tale ambiguità  non rasserena chi, in una amministrazione pubblica, deve protocollare l'”istanza PEC con firma elettronica leggera”! La PEC (CEC PAC compresa) è, infatti, uno strumento di comunicazione telematica sicuro e “certificato”, ma in nessun caso può fornire una risposta incontrovertibile circa la corretta attribuzione della paternità  del contenuto trasmesso. La certezza circa la paternità  e l’integrità  di un documento ed è questa una chiave di volta imprescindibile per la corretta rivoluzione digitale può essere garantita solo dalla firma elettronica qualificata, così come ampiamente definita nel quadro normativo vigente. Questo principio è fondamentale anche per garantire l’armonia complessiva delle disposizioni normative emanate in materia di formazione, protocollazione, gestione, trasmissione e conservazione del “documento informatico”, la cui certezza giuridica è basata appunto sulla presenza di una firma digitale, quale sigillo circa la sua provenienza, integrità  e autenticità .