Il Notaio e l’atto pubblico tra tradizione e innovazione. Intervista a Riccardo Genghini

Negli ultimi anni, l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione non hanno risparmiato la figura del notaio, alle prese con concetti quali hash, P7M e marche temporali. Quali i riflessi sulla sua millenaria funzione?

Vi presentiamo l’intervista rilasciata da Riccardo Genghini, notaio – Presidente di ANORC, sul tema dell’evoluzione della professione, anche alla luce della progressiva introduzione dell’atto pubblico telematico.

 

A: Qual è la funzione del notaio in un mondo digitale?

R: La stessa di sempre: dare certezza ai rapporti giuridici. Portare la certezza dove non c’è.
Mille anni fa quando quasi tutti erano analfabeti (e ancora meno persone parlavano e scrivevano in latino) il notaio era l’autore ed il conservatore di documenti che (in pratica) solo lui comprendeva.  Mi pare evidente l’analogia con il mondo digitale con i suoi hash, P7M, marche temporali e formati PDF/A.  Gestire questi aspetti tecnici è un lavoro che ancora non è alla portata dell’intelligenza artificiale.

Chi negozia affari, chi fa economia non dovrebbe essere distratto un attimo da questi tecnicismi. Dovrebbe affidarli a dei professionisti: che sono i notai o i prestatori di servizi elettronici fiduciari previsti dal regolamento eIDAS. E infatti nel settore del credito, ad esempio, il nostro studio gestisce con la tecnologia Arkesignum di eWitness Italia, stanze di stipula virtuale per atti (anche non notarili), in cui il notaio è garante che lo scambio di documenti e firme avvenga in modo corretto.

 

A: Parliamo di Atto pubblico telematico. In che modo riesce a rafforzare il valore probatorio dell’atto pubblico e a tutelare i soggetti che vi partecipano?

R: L’atto telematico usato nella sua massima estensione probatoria trasforma delle presunzioni di legge in chiare evidenze informatiche. Molti pensano che ciò potrebbe rendere il notaio obsoleto.  Io sono convinto del contrario: sono procedure così articolate e complesse, da divenire ingestibili senza l’intervento di un soggetto terzo fidato che si assume la piena responsabilità del funzionamento della stipula telematica.

 

A: Benché la Legge notarile risalga al 1913, a fronte di una storia della professione millenaria, è possibile affermare che sia questo il “secolo dei notai”?

R: Si perché la legge del 1913 (e, per inciso, tutte le leggi notarili del mondo) sintetizzano mille anni di esperienza notarile, proponendo procedure così ben calibrate per evitare che le parti o il notaio possano agire in modo doloso o gravemente superficiale, che gli stessi meccanismi si adattano perfettamente alle transazioni digitali.   Se oggi non fossimo fuorviati da una serie di costumi sociali (come l’ecommerce e i social media) tutti ci renderemmo conto che in una transazione digitale o abbiamo cieca fiducia nella controparte (come facciamo con Amazon e gli altri siti di eCommerce)  o la certezza della transazione è impossibile.

 

A:Per quale ragione il ceto notarile italiano è così contrario all’introduzione di soluzioni e strumenti smart, certamente utili a proiettarsi nel futuro, ma anche a salvaguardare l’attività in occasione di situazioni di emergenza, come quella che stiamo attraversando?

R:Intanto ci sono fior di notai che affrontano con grande competenza la sfida del digitale. Ma, è vero non sono molti, non sono abbastanza.
Io francamente non capisco quelli che non provano a cogliere l’opportunità.  Oggi c’è bisogno di notaio più che mai, nel mondo digitale.  Si pensi ai cosiddetti marketplace, alla blockchain e a tutte le infrastrutture telematiche: sono tutte architetture triangolari nelle quali c’è qualcosa (la blockchain) o qualcuno (il provider) che opera come soggetto terzo di garanzia.

Temo sia una sorta di riflesso condizionato. Tutti abbiamo letto a scuola la novella di Pirandello “La Distrazione” in cui un signore che fino a tre giorni prima lavorava come vetturino di piazza, ma che adesso fa il cocchiere delle pompe funebri, ha un riflesso condizionato e invita qualcuno a salire sul carro funebre, suscitando un putiferio.

L’abitudine fa brutti scherzi, alle volte.

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