La questione dello “spool di stampa”: non è un documento informatico. Riflessioni in occasione della Risoluzione n. 14/E del 21/01/2008 e della proposta di regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici
di Avv. Fabio Tommasi
Sullo stesso tema il commento a caldo dell’Avv.Andrea Lisi: "FatturaElettronica: prima analisi della Risoluzione del 21/01/2008 n. 14 – Agenziadelle Entrate", alla pagina:
http://www.anorc.it/notizia/15_Fattura_Elettronica__prima_analisi_della_Risoluzione_del_21_01_2008_n._14_-.html
Partiamo dalla conclusione per ragionarci su e comprendere la questione dello spool di stampa: a parere dello scrivente lo spool di stampa non è un documento informatico, nè può dirsi in senso stretto “rappresentazione informatica”.
La questione è tornata recentemente alla ribalta delle cronache in materia di conservazione sostitutiva dei documenti rilevanti a fini tributari a seguito di una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, precisamente la n. 14 del 21/01/2008, con la quale si interpreta la normativa vigente in materia sulla base di un interpello in cui l’istante descrive le procedure seguite nel processo di conservazione sostitutiva delle fatture attive e passive dei propri clienti, nella sua qualità di soggetto terzo (VAN Value Added Network) con una propria rete di tipo EDI (Electronic Data Interchange) messa a disposizione del cliente.
Relativamente alle fatture attive dei propri clienti, sembrerebbe che l’istante abbia dichiarato che “riceve dai propri clienti lo «spool di stampa» della singola fattura attiva e, attraverso un procedimento di «stampa virtuale» lo converte in un file immagine in formato statico e non modificabile, ovvero in un formato PDF, oppure in formato TIFF o altri formati immagini (jpeg, bmp, etc.)“.
Non è nuova l’Agenzia delle Entrate ad affrontare la questione dello spool di stampa. Nelle risoluzioni n.ri 161E/07 e 14E/2008, infatti, essa afferma: “lo spool di stampa è una rappresentazione informatica del documento da conservare che, tuttavia, non possiede fin dall’origine i requisiti del documento informatico rilevanti a fini tributari, ossia non è statico e non modificabile e non viene emesso con l’apposizione del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata“; continua affermando: “dunque, a fini fiscali, il documento da cui trae origine lo spool non può che essere un documento analogico, ossia ‘formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui’ (art. 1 co. 1, lett. b) del d.m. Del 23 gennaio 2004)“. Anche perchè, continua l’Agenzia delle Entrate: «ai fini fiscali il documento da cui trae origine lo spool non può che essere un documento analogico, ossia “… formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui“». Il nostro ordinamento “non ammette, infatti, altre tipologie di documenti rilevanti ai fini tributari, nè è possibile immaginare, allo stato della legislazione, un documento che abbia natura analogica ma veste informatica“.
Per comprendere quanto asserito nelle richiamate risoluzioni occorre fare un passo indietro e fare alcune premesse di carattere informatico che comunque non possono essere tralasciate per avere contezza della questione.
In informatica si definisce SPOOL (acronimo di simultaneous peripheral operations on-line) quel metodo di trasmissione di un’immagine dei lavori da svolgere o da trasmettere ad un altro dispositivo in un buffer, un’area particolare della memoria, o su un disco, dove rimane in attesa di essere smistata verso il dispositivo di stampa o l’applicativo che deve elaborarla.
Lo spooling consente di continuare a lavorare mentre il sistema in background continua a “stampare” e consente di mettere in coda la stampa del documento anche quando si dispone di stampanti lente. Esso si avvale di un print spooler, quindi di un sistema informatico con la funzione di memorizzare, secondo una logica First In First Out, le stampe degli utenti ed inviarle alla stampante appena questa è disponibile.
Lo spool di stampa spesso include istruzioni di interfacciamento con le stampanti ed è circostanza nota che il servizio di “print spooler“ del sistema operativo Windows (XP, Server 2003 e 2000 ne erano affetti salvo rimediare con Windows Update o patch correttive messe a disposizione da Microsoft) risultava vulnerabile ad un buffer overflow che consentiva, nei sistemi non aggiornati, l’esecuzione di codice e l’installazione di malware.
Solitamente gli applicativi per elaboratore elettronico che si occupano di archiviazione ottica o di Document e Knowledge Management sfruttano lo spool di stampa per acquisire da esso i documenti che poi verranno elaborati e catalogati.
Ciò detto, sappiamo che gli artt. 1 del d.p.r. 28/12/2000 n. 445 e 1, comma 1, lett. p) del d.lgvo 07/03/2005 n. 82 (il Codice per la Pubblica Amministrazione Digitale), definiscono il documento informatico come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti“. Se così è, possiamo considerare lo spool di stampa come un documento informatico? A parere dello scrivente la risposta deve essere negativa. Esso, infatti, non rappresenta alcuna manifestazione di volontà , ma è solo un metodo di trasmissione dei dati. Se così non fosse dovremmo porci il problema di considerare come documento informatico ogni protocollo di trasmissione, lo stesso TCP-IP (Transmission Control Protocol – Internet Protocol), il che non è perchè starebbe a significare che indiscriminatamente tutto è rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.
E’ il documento generato con il software di redazione del testo, nonchè il risultato delle operazioni di stampa virtuale (*.pdf o *.tiff), che sono la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. E solo quest’ultimo, cioè il risultato delle operazioni di stampa virtuale, anche rilevante a fini tributari ai sensi del D.M. 23 gennaio 2004 su cui andrà apposta la firma digitale ed il riferimento temporale affinchè possa definirsi il processo di conservazione sostitutiva, ma non lo spool in sè che è un mero strumento di trasmissione.
In altri termini, il documento si forma informaticamente (ad esempio attraverso la redazione del testo con software di elaborazione testo o con processi automatizzati di generazione, ma non di spool) e con il risultato del processo di stampa virtuale diviene anche rilevante a fini tributari concludendosi la conservazione sostitutiva con l’apposizione della firma digitale e del riferimento temporale.
A parere dello scrivente, da un lato non deve destare particolare meraviglia che l’Agenzia delle Entrate si sia espressa considerando lo spool di stampa come documento analogico in alternativa a quello informatico (tertium non datur) e dall’altro si deve constatare l’anacronistico risultato di dover “materializzare su supporto fisico“ e procedere “alla successiva acquisizione dell’immagine“. La risoluzione n. 14/E del 21/01/2008 rappresenta un’occasione mancata.
Dopo aver disquisito sul processo di memorizzazione l’Agenzia delle Entrate appare ambigua nel definire come “necessario procedere alla materializzazione su supporto fisico ed alla successiva acquisizione dell’immagine“, ingenerando così confusione tra gli operatori, i quali si potrebbero rappresentare che l’unico modo per ottenere detta materializzazione sia rappresentato dalla stampa su supporto cartaceo del “documento analogico” e la sua successiva acquisizione a mezzo di uno scanner. Ciò effettivamente sarebbe anacronistico e vanificherebbe l’obiettivo principale che è la riduzione e, gradualmente, l’eliminazione del cartaceo.
Ma se è vero, come si ritiene, che lo spool di stampa non è un documento informatico perchè consiste in un mero mezzo di trasporto, al pari di un contenitore in cui veicolano documenti grezzi unitamente ad altre informazioni, allora di cosa si tratta? Possiamo considerarlo documento analogico?
Facciamo un altro passo indietro.
In matematica e in fisica si intende come analogico quel sistema in cui una grandezza fisica continuamente variabile è rappresentata da un’altra nel modo più fedele possibile. Pertanto, ci troviamo di fronte ad un sistema dell’imitazione, dell’imprecisione, dove le grandezze subiscono trasformazioni, dove ci si riferisce ad un qualcosa non numerabile, nè analizzabile entro un insieme discreto di elementi. Se devo riprodurre un documento cartaceo, per esempio facendo una fotocopia, il risultato della riproduzione sarà un’imitazione dell’originale, ma in quanto tale mai perfettamente identica all’originale, sarà , appunto, una copia. Come si è detto, infatti, stiamo rappresentando un’altra grandezza fisica (quindi percepibile sensorialmente, si pensi ad un tavolo che l’occhio umano percepisce come una grandezza fisica e si necessita di un “metro campione” per misurare quella determinata lunghezza) riproducendola nel modo più fedele possibile.
E’ digitale (o numerico), invece, quel sistema o dispositivo che sfrutta segnali discreti (quindi che lavora con un insieme finito di elementi) per rappresentare e riprodurre segnali continui sotto forma di numeri o altri caratteri. E’ il sistema che assume valori binari, il sistema dei caratteri discreti, discontinui dove le informazioni si rappresentano come 0 e 1, spento/acceso, vero/falso.
Il d.m. 23 gennaio 2004 definisce “documento analogico” quel documento “… formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui, come le tracce su carta, le immagini su film, le magnetizzazioni su nastro“, mentre “documento digitale” i “testi, immagini, dati strutturati, disegni, programmi, filmati formati tramite una grandezza fisica che assume valori binari, ottenuti attraverso un processo di elaborazione elettronica, di cui sia identificabile l’origine“.
Se così è, non possiamo considerare lo spool di stampa come un documento analogico perchè contrasterebbe con il dato di fatto che si è appena detto; non sussiste alcuna grandezza fisica rappresentata da un’altra nel modo più fedele possibile, si tratta, infatti, di un mezzo di trasporto, ma non possiamo considerarlo nemmeno come documento informatico per le indicate ragioni.
Allora lo spool di stampa, se proprio è necessario attribuirgli la qualifica di “documento”, sarebbe semmai un “documento digitale” perchè consiste in una grandezza fisica (è pur sempre un mezzo di trasporto digitale non analogico) che assume valori binari, perchè è un sistema dove le informazioni si rappresentano come 0 e 1, spento/acceso, vero/falso, ma non un documento informatico rilevante a fini tributari ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3 del d.m. 23 gennaio 2004.
Proseguendo, sappiamo che il processo di conservazione sostitutiva richiede l’apposizione della firma digitale e del riferimento temporale sul documento statico e non modificabile. Si potrebbe osservare che l’apposizione della firma digitale e del riferimento temporale sullo spool di stampa farebbe divenire il documento statico e non modificabile, quindi in linea con il d.m. 23 gennaio 2004 senza la necessità di dover provvedere alla “materializzazione su supporto fisico e successiva acquisizione dell’immagine” (inteso in questo caso come stampa su carta e acquisizione via scanner).
Il problema, tuttavia, è che lo spool di stampa non è un documento informatico e allora non può essere considerato come rilevante a fini tributari, nemmeno se si appone la firma digitale e il riferimento temporale per poi successivamente concludere il processo di conservazione sostitutiva con la firma digitale e il riferimento temporale del Responsabile della Conservazione Sostitutiva.
A nulla rileverebbe la possibile obiezione che il file *.pdf, risultato dell’operazione di stampa virtuale, potrebbe essere considerato come non statico e modificabile (in fondo è sufficiente un applicativo writer di *.pdf per modificarne il contenuto), quindi condizione assimilabile a quella dello spool di stampa che è noto essere non statico e modificabile, perchè lo diventa con la firma digitale ed il riferimento temporale. Lo spool di stampa, invece, pur divenendo statico e non modificabile con la firma digitale ed il riferimento temporale, non potrebbe mai diventare rilevante ai fini tributari perchè, lo si ribadisce, non è un documento informatico.
E’ il risultato dell’operazione di print spooler virtuale, cioè ad esempio il *.pdf , ad essere un documento informatico, in quanto rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti cui andrà apposta la firma digitale ed il riferimento temporale e portato in conservazione sostitutiva.
A parere dello scrivente, infatti, non è lo spool di stampa da portarsi in conservazione sostitutiva, ma è il risultato dell’operazione indicata che può essere conservato in maniera sostitutiva. L’Agenzia delle Entrate, in particolare nella Risoluzione n. 161/E del 09/07/2007, si è espressa sullo spool di stampa perchè il quesito posto dall’istante consisteva proprio nelle richiesta di parere su detta procedura (tralasciando ovviamente le altre questioni poste), cioè si chiedeva di poter portare in conservazione sostitutiva lo spool di stampa, invece del risultato dell’operazione, e non poteva che rispondere che non essendo un documento informatico rilevante ai fini tributari non si poteva che procedere alla procedura alternativa dedicata ai documenti analogici, in questo caso errando per le ragioni di seguito indicate.
Probabilmente, lungi dal considerarsi lo scrivente come il tenutario della verità , la risoluzione del problema è sotto gli occhi di tutti e non ce ne stiamo rendendo conto. Il CNIPA nella delibera 11/2004, che sarà a brevissimo sostituta dalle nuove regole tecniche (si veda la “Proposta di regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici” pubblicata sul sito del Ministero per le Riforme e le Innovazioni nella P.A.), definisce la “memorizzazione” come quel “processo di trasposizione su un qualsiasi idoneo supporto, attraverso un processo di elaborazione, di documenti analogici o informatici, anche sottoscritti ai sensi dell’articolo 10, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 così come modificato dall’articolo 6 del decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10“.
Dalle stesse note esplicative del 19/02/2004 alla delibera 11/2004 si evince una disciplina “aperta” che se ne guarda bene dall’individuare in maniera definita il tipo di supporto di memorizzazione che andrà utilizzato perchè “soltanto specifiche motivazioni potrebbero suggerire di richiedere l’impiego di una particolare tipologia di supporto“. Ma allora possiamo affermare che il processo di memorizzazione dell’immagine su qualsiasi altro idoneo supporto possa ritenersi soddisfatto dal risultato dell’operazione di stampa virtuale che andrà successivamente portato in conservazione sostitutiva.
A ben vedere, leggendo la recente “Proposta di regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti informatici” si ritiene rinvenire una conferma di quanto asserito. L’art. 2, lett. f), infatti, definisce riproduzione digitale di documenti informatici quel “processo che trasferisce documenti informatici da un supporto di memorizzazione a un altro“. Tale definizione sembrerebbe proprio descrivere il processo che si è analizzato. Il documento informatico, infatti, si forma al momento della redazione del testo (utilizzando ad esempio il writer di OpenOffice) che potrebbe essere salvato nel formato *.doc, ma anche mai salvato (quindi residente nella memoria temporanea dell’elaboratore elettronico) e stampato virtualmente direttamente nel formato statico e non modificabile, il famoso *.pdf o *.tiff. Tenendo bene a mente, infatti, che per supporto di memorizzazione si deve intendere un numero “aperto” di tipologie di supporto valide, ne consegue che nessun operatore sarà tenuto a stampare su supporto cartaceo il documento (nato su supporto informatico) e poi ad acquisire la relativa immagine, l’importante è che si metta da parte lo spool di stampa, che proprio non può essere considerato un documento informatico rilevante a fini tributari.
In ultima analisi, per concludere, va da sè che l’art. 4 della proposta di nuove regole tecniche di cui si è detto, relativo appunto alla “Riproduzione sostitutiva di documenti analogici” che “ai fini della conservazione si realizza mediante memorizzazione delle relative immagini su adeguato supporto fisico“, si ritiene non possa trovare applicazione allo spool di stampa (che non è un documento analogico per le ragioni sopra dette), ma riguarda l’ipotesi in cui il documento originario è su supporto cartaceo che diventerà poi copia informatica dopo aver acquisito la relativa immagine.
Il panorama legislativo in materia si ritiene non lasci altri spazi interpretativi in merito allo spool di stampa (pure ampiamente utilizzato negli applicativi per elaboratori elettronici, come si è detto, per il Document e Knowledge Management); vedremo se il CNIPA con le regole tecniche di imminente pubblicazione e le relative guide riuscirà a dirimere una volta per tutte tali questioni e far sì che il processo di dematerializzazione, o digitalizzazione paperless che dir si voglia, possa concretamente realizzarsi.
15 febbraio 2008
Avv. Fabio Tommasi
Titolare dello studio legale Tommasi www.studiotommasi.it
Socio Fondatore e Membro del Comitato Direttivo di ANORC – Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione Sostitutiva.
Membro del Circolo dei Giuristi Telematici.