Legge e Trasformazione digitale: una relazione complicata. Il contributo dell’Avv. Andrea Lisi su “Le Cahier de Galileo”

Quella tra l’uomo e la tecnologia è una relazione d’amore complicata. E, come tutti gli innamorati alle prime armi, abbiamo commesso diverse volte l’errore di rincorrerla, idealizzarne i dettagli ed esaltarne le proprietà miracolose (quasi) in ogni ambito. La verità è che la tecnologia avanza vertiginosamente e il legislatore fatica a inseguirne gli sviluppi e le novità.

 “Odi et amo” del XXI secolo

Cosa rende questa relazione così complicata? Tra le peculiarità che rendono complessa la scelta di procedere a una regolamentazione di alcune tecnologie vi è il rischio che una normativa in tali ambiti, se troppo specifica, o comunque poco ponderata, possa risultare inefficace e divenire obsoleta già prima della sua approvazione. Ecco perché non ci si deve troppo innamorare, ma bisogna prima osservare, per quanto possibile comprendere, percepirne l’utilità e individuare gli svantaggi che la stessa porta con sé; quindi, verificare se ci sono ambiti davvero non regolamentati che necessitano di ordine giuridico e metodologico. Prima di far ciò, una tecnologia innovativa andrebbe “semplicemente” ricondotta nell’alveo dei principi generali del nostro ordinamento, cercando di regolamentare solo ciò che risulti indispensabile.

Liberate l’amore (oppure liberatevene per sempre)

D’altra parte, però, non occorre neppure commettere l’errore di lasciare la tecnologia totalmente libera, come un paradiso non regolamentato a difesa di una non sempre opportuna libertà privata. È così che sono cresciuti a dismisura paradisi di dati cannibalizzati ogni giorno da piattaforme social nelle quali affidiamo i nostri dati, gusti, abitudini, identità, interessi, aspirazioni professionali o politiche a intelligenze artificiali smaniose di profilarci e in grado di manipolarci giorno per giorno, nella nostra (non più) intima quotidianità. La storia recentissima ci insegna come tale aspirazione alla libertà di pensiero in spazi non regolamentati, senza offrire “fastidiose” ingerenze agli stati nazionali, abbia partorito vere e proprie prigioni digitali senza controllo, dove la nostra libertà di espressione comincia a scricchiolare e i dati personali costituiscono di fatto nient’altro che merce di scambio. E non sarà facile oggi invertire la rotta di questa involuzione sociale, provando a piegare i colossi del web alle necessità regolatorie degli Stati nazionali a tutela dei diritti e delle libertà dei propri cittadini. L’Unione Europea ha emanato normative mirate ad assicurare la trasparenza nei confronti delle parti deboli della società digitale. Ma, come già ho riportato in un mio precedente articolo[1], dette normative fino ad oggi non hanno impedito ai giganti del web di adottare un approccio poco usabile e molto burocratico ai principi della trasparenza informativa. Ciò non deve ricapitare con le tecnologie dei registri distribuiti e della blockchain che, nate a tutela dello scambio di criptovalute, come presidio digitale libero e in grado di ribaltare le logiche dei “cattivi” intermediari controllori, aspirano oggi a essere tecnologie rivoluzionarie, in grado di garantire innovazione in processi diversi, dalla tutela del diritto d’autore per opere d’arte o pubblicazioni, alla verifica dell’origine di un prodotto sino alla “notarizzazione” di atti, contratti e documenti.

Amare non è mai stata un’opzione. È una necessità.

Non si può negare l’utilità di alcune tecnologie. Ma ha davvero senso adottarle indistintamente, magari sostituendole a strumenti già in uso in ambiti (almeno in parte) trasformati digitalmente da altre tecnologie più “tradizionali”, come firme elettroniche, sigilli e catene di custodia digitale? Nella normativa europea e italiana gli ambiti dei documenti informatici, delle firme elettroniche e della gestione di archivi sono stati già regolamentati, con normative sia generali sia tecniche. Eppure, si sente oggi l’esigenza di regolamentare, o meglio inseguire, la blockchain, anche con riferimento a questi settori. Ne è un esempio, in Italia, il decreto-legge 135/2018, che ha voluto regolare le tecnologie basate su registri distribuiti, facendone dipendere gli effetti giuridici da linee guida AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) che ad oggi ancora si attendono. Ma anche il legislatore comunitario sembrerebbe avviarsi ad accogliere la tecnologia blockchain attraverso prossime modifiche del regolamento (UE) n. 910/2014 (cd. Regolamento eIDAS, da “electronic Identification Authentication Signature”). Ma è davvero necessario regolamentare minuziosamente, oggi, una tecnologia di questo tipo?

L’amore è cercare ciò di cui siamo privi (o forse no?)

La normativa italiana (come quella europea) già da tempo conferisce valore a documenti che siano, attraverso procedure informatiche, resi integri, sicuri, immodificabili, quindi autentici. In questi casi viene garantita da tempo l’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta. Ben vengano nuove tecnologie che siano in grado di ottenere una “notarizzazione” di atti digitali rilevanti giuridicamente, ma è indispensabile, per non rischiare di fare scelte affrettate, valutarne prima il loro utilizzo nella prassi e, quindi, gli effetti giuridici che intendono perseguire, senza affogarsi con l’urgenza di regolamentarne i dettagli, perché si finirebbe paradossalmente per rallentarne l’eventuale evoluzione e il corretto utilizzo. A tal proposito, se queste tecnologie sono in grado di rendere sicuri processi documentali, allora una loro traccia normativa può ritrovarsi già nei principi generali delle norme presenti nell’ordinamento italiano ed europeo. In altre parole, comprendiamo prima cosa la blockchain sia in grado davvero di garantire (e cosa vogliamo da essa), ricordandoci che deve essere, e restare, uno strumento tecnologico a nostra disposizione. Anche perché fare esplodere la tecnologia blockchain, come ricordato anche dal compianto Giovani Buttarelli, ex Garante europeo della privacy, potrebbe avere impatti ambientali notevoli[2].

Gli amori che sembrano assurdi certe volte sono i migliori

La tecnologia va studiata con pazienza, inserita in un processo realmente utile di trasformazione digitale, verificata nella sua insostituibilità e nei suoi impatti organizzativi e ambientali. Quindi, riconosciuta come valida e verificata nel tempo come eventualmente rivoluzionaria. Procedendo a salti o per innamoramenti si fanno danni simili a quelli di chi invece ha preferito in passato ignorare del tutto l’evoluzione digitale che stiamo vivendo oggi, dove dai sogni di un mondo web libero ci siamo ritrovati nella prigione dorata dei social[3].

[1] Ospitato nel primo numero di questa stessa Rivista e dal titolo “L’altra faccia del web”.
[2] Come ricordato nel suo testamento Privacy 2030, a New vision for Europe: “L’uso e consumo intensivo di video, intelligenza artificiale, internet delle cose e smart device divario tipo raddoppierà il consumo di energia […] non dimenticando anche l’alto consumo energetico della blockchain, i soli servizi digitali incideranno per il 10% sui consumi complessivi nei prossimi anni. A ciò si aggiunga che computer e smartphone vivono in media dai due ai quattro anni, sono difficilmente riciclabili e sono progettati in modo da preferire una loro sostituzione piuttosto che una riparazione. L’applicazione del principio del GDPR della minimizzazione dei dati, secondo cui devono essere trattati e conservati solo i dati necessari, e una maggior condivisione degli stessi per motivi di ricerca e per perseguire un interesse pubblico porterebbero sia a un minor consumo sia aiuterebbero a usare queste stesse tecnologie per ridurre ulteriormente l’inquinamento”.
[3] Elenco delle citazioni in ordine di apparizione usate come titoli dei paragrafi: Catullo, Jim Morrison, Truth Devour, Aristotele, Margaret Mazzantini.

 

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È online il numero 3/2021 della RivistaLe Cahier de Galileo, pubblicazione franco-italiana, di cadenza trimestrale, diretta dalla giornalista Maria Elena Capitanio, Presidente del think tank Galileo.

In questo numero troviamo l’articolo a firma dell’Avv. Andrea Lisi, Presidente di ANORC Professioni e esperto in diritto dell’informatica,  su “Legge e Trasformazione digitale: una relazione complicata. L’esempio dei social e della blockchain“.