A seguito di quanto stabilito dagli artt. 38-43 del Decreto Semplificazioni (Decreto-Legge 31 maggio 2021, n. 77, come coordinato con la legge di conversione 29 luglio 2021, n. 108), anche in Italia è possibile esercitare la democrazia diretta con la raccolta di firme digitali, previa identificazione del firmatario tramite SPID o CIE.
I comitati promotori del referendum e delle leggi di iniziativa popolari possono raccogliere le firme tramite una piattaforma predisposta da un ente certificatore convenzionato con l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Nell’attesa che lo Stato faccia il suo dovere, oggi si utilizzano piattaforme on line sviluppate da privati.
Sono realmente sicure e affidabili?
Il Consiglio dei ministri è intervenuto per prorogare i termini entro i quali i Comuni devono verificare che ciascun firmatario non abbia carichi penali pendenti e che disponga del certificato elettorale.
Cosa avrebbero potuto rischiare i Comuni inadempienti?
Il caso del referendum non fa altro che rappresentare le solite problematiche delle pubbliche amministrazioni italiane: la digitalizzazione è in grado di snellire e rendere più efficienti procedure, processi e procedimenti delle PA, automatizzandoli, solo se c’è stata una reingegnerizzazione in chiave digitale. Si fanno le norme senza prestare attenzione all’impatto che esse possono avere nell’organizzazione burocratica.
Questi i temi al centro dell’intervista all’Avv. Andrea Lisi, a cura di Mario Maffei, sulle pagine de il Tacco d’Italia.