Codice Civile art. 2215 bis: un altro passo verso il documento digitale.

Codice Civile art. 2215 bis:
un altro passo verso il documento digitale

 

 

 

A cura di Dario D’UrsoResponsabile della Conservazione Digitale del Gruppo CMT

 

 

 

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Eccoci qui a commentare un’altra puntata della rivoluzione digitale.

Dopo le novità  annunciate nel 2008 (Libro Unico del Lavoro, regolamento ISVAP per la Conservazione Digitale dei documenti assicurativi), e la delusione per i mancati annunci (Decreto attuativo sulla Fatturazione Elettronica obbligatoria verso la PA), ecco un nuovo pronunciamento che infiamma il dibattito.

 

Nel Decreto Anticrisi c’è una deliberazione che introduce nel Codice Civile un nuovo articolo il 2215 bis che così recita: “i libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell’impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici.

Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.

Gli obblighi di numerazione progressiva, vidimazione e gli altri obblighi previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture, ivi compreso quello di regolare tenuta dei medesimi, sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, ogni tre mesi a far data dalla messa in opera, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato, inerenti al documento contenente le registrazioni relative ai tre mesi precedenti.

Qualora per tre mesi non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione, e da tale apposizione decorre il periodo trimestrale di cui al terzo comma.”

Quindi una bella notizia. Il legislatore risolve uno dei tormentoni degli ultimi 4 anni, introducendo nel Codice Civile un articolo che da dignità  ai documenti informatici.

 

Il mondo dei Giuristi però è in subbuglio, la formulazione non appare delle migliori e alcuni passaggi aprono la strada a ogni sorta di interpretazione possibile. Il punto più critico e dibattuto risulta essere l’introduzione di quello che appare come un neologismo, la “marcatura temporale“.

Sarà  la famosa marca temporale? Oppure si tratta del più sfumato riferimento temporale? O di cos’altro?

 

Certo c’è materiale per discutere a lungo, ma forse ancora una volta stiamo guardando il bicchiere mezzo vuoto.

 

Il fatto è che il pronunciamento, per quanto impreciso nella formulazione, ribadisce senza ombra di dubbio che il documento informatico esiste e ha una sua precisa “valenza”, al di là  dei salti mortali che devono essere fatti per assicurarsi che non venga ripudiato.

Pare che il documento informatico più viene infarcito di firme digitali e marche temporali più sarà  valido e accettato. Infatti se pensiamo ad un foglio di carta, magari ingiallito, pieno di timbri firme e marche da bollo, tendiamo ad essere meno scettici sulla sua natura e contenuto, peccato che con i file non sia lo stesso. Firme, riferimenti e marche temporali, tendono ad essere poco visibili e quindi lasciano una strana sensazione di insoddisfazione appena attenuata se in fondo al documento c’è almeno una bella firma autografa (digitale).

 

Un altro punto controverso è quello relativo ai termini, ovvero la richiesta di effettuare la “stabilizzazione” dei documenti ogni 3 mesi. Qui la questione è se si debba chiudere la Conservazione Digitale entro tale termine o se ci si riferisce alla mera formazione del documento informatico.

 

A parere di chi scrive il termine appare ragionevole e di semplice applicazione nella maggior parte dei processi di gestione documentale.

Certo c’è da considerare che i vari documenti possono essere disciplinati da regole e termini diversi (le fatture elettroniche ogni 15 giorni, il libro unico del lavoro entro il 16 giorno del mese successivo alle scritture, i libri contabili addirittura una volta l’anno) o che per la loro stessa natura sono in continua evoluzione e quindi difficilmente cristallizzabili ad un dato momento intermedio.

Per certi aspetti direi che la formulazione apre al buon senso ovvero, se devo esibire dei documenti datati 12/15 mesi prima del momento dell’esibizione, in presenza di una marca/riferimento temporale e di una firma apposti nelle immediate vicinanze della formazione del documento (quindi riferita a 9/12 mesi prima della data di esibizione) non dovrebbero sussistere particolari dubbi sulla veridicità  del documento stesso. Mentre se tale riferimento temporale è coevo della data di esibizione i dubbi potrebbero essere “legittimi”.

 

Organizzare un processo di gestione documentale elettronico con una stabilizzazione trimestrale appare quindi praticabile e rassicurante, soprattutto perchè, è questo è forse il più grande pregio dell’articolo in 2215bis la responsabilità  di tale attività  è “¦”¦.” dell’imprenditore, o di altro soggetto dal medesimo delegato” .

 

Ai giuristi rimane il compito di valutare, interpretare e commentare, ma a noi “operai” del digitale rimane l’onere di definire processi organizzativi e procedure tecniche per adottare le disposizioni emanate e provare a trarne dei vantaggi tangibili.

 

Il passaggio al digitale è indubbiamente un vantaggio, soprattutto in termini organizzativi, competitivi e quindi economici. Ma un approccio errato alla questione si traduce in aggravio di costi e in disfunzioni nell’organizzazione e nella gestione aziendale.

 

Come fare quindi a mettere tutti d’accordo, Legislatore, Giuristi e Utenti?

 

Forse aumentando le occasioni di dibattito e di apprendimento, favorendo il dialogo preventivo su questioni oggettive, dando formazione, portando il Legislatore a valutare le istanze provenienti da Enti e Amministrazioni Pubbliche che già  si distinguono per modernità  di approccio. Agenzia delle Entrate per esempio, in materia di documenti informatici e conservazione digitale si è spinta molto avanti, fornendo non pochi contributi a tutti gli operatori del settore e ai “contribuenti” che oggi riescono ad operare in un quadro abbastanza chiaro e stabile.

 

Poi ci sono le aziende che investono, studiano e progettano non solo innovazione tecnologica ma anche innovazione di processo fornendo nuovi spunti di confronto e dibattito.

 

La crisi in atto ci impone un pragmatismo maggiore, non possiamo permetterci di commettere errori e soprattutto non si possono mettere a rischio i pochi investimenti in atto sulla base di questioni semantiche o di interpretazione delle norme. Abbiamo bisogno di innovazione, abbiamo bisogno di modernità  abbiamo bisogno di fare. 

 

DARIO D’URSO
Responsabile della Conservazione Digitale del Gruppo CMT
Socio fondatore ANORC

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