Documenti elettronici ed evoluzione della normativa: excursus sulla posizione dell’Agenzia delle entrate anche nei rapporti con le più recenti normative di settore.

Documenti elettronici ed evoluzione della normativa: excursus sulla posizione dell’Agenzia delle entrate anche nei rapporti con le più recenti normative di settore.

 

di Annalisa Cazzato (Agenzia Entrate Direzione Generale – Roma)

 

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Relazione all’OMAT di Roma, evento “Le norme relative ai contenuti digitali” patrocinato dall’ANORC (Associazione Nazionale Operatoti e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti) del 13 novembre 2008

 

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Riprendere le fila della lunga evoluzione delle norme in tema di progressiva sostituzione della carta coi supporti informatici è operazione difficile e complessa, così come poco utile ai fini della discussione può apparire un’analisi dettagliata della disciplina fiscale in tema di “dematerializzazione”.

In questa sede credo che valga più che altro soffermarsi sui punti di relazione della disciplina fiscale non solo con la normativa generale (tema già  ampiamente dibattuto in moltissime altre occasioni di incontro) quanto con le nuove più specifiche discipline di settore che, essendo venute cronologicamente “dopo” quella fiscale, certamente hanno mutuato qualcosa sia dalle norme del DM 23/01/2004 sia dall’esperienza  e dagli sforzi interpretativi dell’Amministrazione finanziaria.

Mi piacerebbe, dopo questo breve excursus, poter concludere ponendo l’attenzione su alcuni elementi essenziali che possano fungere da contributo anche per i nuovi soggetti chiamati a svolgere l’arduo compito di interpretare normative nuove e doppiamente “tecniche” (tecniche sia in senso informatico sia nel senso proprio di ciascuna disciplina di settore); più in particolare, penso sia opportuno evidenziare:
–                     quello che, in sede interpretativa, nel rispetto delle funzioni proprie di una pubblica amministrazione, è stato fatto (a volte forzando le norme, sempre e comunque nel rispetto della loro ratio);
–                     quello che forse è possibile ancora fare;
–                     quello che esula dalla competenza dell’interprete e richiede, pertanto, un impegno da parte del legislatore, ambito rispetto al quale un’iniziativa coordinata di tutti i soggetti coinvolti può ricondurre ad unità  le problematiche comuni di tutte le discipline di settore.

 

Il rapporto con le altre normative di settore
Il confronto con le più recenti norme settoriali (Libro Unico del Lavoro e Regolamento ISVAP sui registri e documenti del settore delle assicurazioni) consente qualche preliminare riflessione sul modo in cui l’evoluzione della normativa ha fatto tesoro della disciplina di settore e delle difficoltà  che, in sede interpretativa, sono state sollevate e, ove possibile, risolte.

 

1.           DM 23 gennaio 2004 e Regolamento ISVAP
Nel regolamento di recente emanazione relativo alla tenuta e conservazione dei registri assicurativi e dei documenti del settore in genere (articolo 8) il DM 23 gennaio 2004 è richiamato, quale fonte di riferimento della disciplina insieme a quella del CAD, dall’articolo 4 (titolato “compilazione dei registri assicurativi”) quindi con riferimento alla emissione/formazione del registro stesso. Nessun riferimento è fatto, invece, dove il regolamento tratta delle modalità  di conservazione dei medesimi, per la quale l’articolo 5, comma 4, rinvia alle sole regole generali del CAD.

Un’interpretazione di carattere letterale porterebbe a ritenere che il richiamo della specifica normativa fiscale, nella parte in cui essa detta adempimenti e requisiti “ulteriori” rispetto a quelli previsti in via generale (così è proprio per l’ “emissione” di un documento informatico fiscalmente rilevante, per quanto attiene alla sottoscrizione elettronica ed al riferimento temporale) vale ad estendere tali adempimenti anche al settore assicurativo.

In altre parole, è legittimo domandarsi se tale richiamo equivale a dire che un registro informatico, per essere rilevante ai fini assicurativi, dovrà  essere dotato del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica dell’emittente.

Viene naturalmente da chiedersi, a questo proposito, in primo luogo se fosse questa l’intenzione e, in seconda battuta, se gli operatori del settore assicurativo si avvarranno della prassi interpretativa dell’amministrazione finanziaria che ha adattato il tenore letterale delle norme del DM 23 gennaio 2004 (scritte per tutti i documenti che, come le fatture, sono “emessi”) anche ai registri che, in quanto soggetti a continuo aggiornamento, devono soddisfare i requisiti di staticità  ed immodificabilità  (garantiti dalla sottoscrizione elettronica e dal riferimento temporale) alla data dell’ultima registrazione del periodo di riferimento e comunque non oltre il termine per la chiusura del processo di conservazione (Circ. 6 dicembre 2006, n. 36/E).

Al di là  di questo aspetto, merita certamente una apprezzamento positivo la maggiore precisione delle disposizioni del Regolamento rispetto a quelle contenute nel DM 23 gennaio 2004, ove, ai fini della conservazione dei documenti, si premurano di distinguere a chiare lettere quando si parla di documenti analogici originali unici (la cui conservazione, conformemente alla disciplina generale, richiede la partecipazione del pubblico ufficiale) e documenti non unici (richiamo l’articolo 8, comma 3, dove per la conservazione dei contratti di assicurazione e generali di riassicurazione si fa riferimento alla conservazione dei documenti analogici originali unici).

E’ noto a tutti (e qui mi ricollego a quello che vorrei evidenziare nella parte finale di questa relazione) che il DM 23 gennaio, pur contenendo tale distinzione tra le definizioni generali, non l’ha ripresa a proposito della conservazione dei documenti analogici originali, richiedendo espressamente l’intervento del PU senza ulteriori specificazioni.

In sede interpretativa della disciplina fiscale (Circ. 36/E del 2006 già  citata) la forzatura del tenore letterale delle norme del decreto è stata evidente (e sofferta) quanto necessaria; ove si fosse imposto l’intervento del PU per la conservazione di tutti i documenti (ad es. fatture) l’opportunità  offerta dalla norma si sarebbe tradotta in un peso per gli operatori.

2.           DM 23 gennaio 2004 e Libro Unico del Lavoro
L’istituzione del Libro Unico del Lavoro e le nuove modalità  di tenuta dello stesso hanno rappresentato una novità  importante nel sistema, costituendo un primo ampliamento del rilievo che la normativa fiscale aveva già  assegnato ai documenti elettronici.
E’ intenzione dedicare poche osservazioni sulla disciplina, volendoci limitare ad individuare solo punti di contatto tra disciplina fiscale e disciplina giuslavoristica, interessanti ai nostri fini.

Ambigua è l’espressione secondo cui “ogni singola scrittura costituisce documento informatico” che se intesa in senso strettamente letterale equivale a dire che per ogni registrazione dovranno rispettarsi le regole tecniche del CAD richiamate a tali fini dalla stessa normativa del lavoro.

In ogni caso, al di là  dell’interpretazione che potrà  prevalere su questo specifico punto, giova evidenziare come sia il DM 9 luglio 2008, sia la Circolare esplicativa del Ministero del Lavoro sia, infine, la successiva nota esplicativa dell’INAIL, riportano, in modo pressochè integrale, il passaggio del DM 23 gennaio 2004 secondo cui i documenti informatici “devono essere emessi, al fine di garantirne l’attestazione della data, l’autenticità  e l’integrità , con l’apposizione del riferimento temporale e della sottoscrizione elettronica.   Essi possono essere memorizzati su qualsiasi supporto di cui sia garantita la leggibilità  nel tempo, purchè rimanga sempre assicurato l’ordine cronologico e non vi sia soluzione di continuità “ per ciascun periodo di paga. Inoltre, “devono essere consentite le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione al cognome e nome e al codice fiscale del lavoratore, alla data e alle associazioni logiche di tali dati.  Il libro unico su supporti magnetici deve essere reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico (formato "pdf"), in caso di verifiche, controlli o ispezioni”.

E’ chiaro che il richiamo a queste caratteristiche implica anche il richiamo alle problematiche che in sede fiscale sono già  emerse e, ove possibile, risolte in via interpretativa.

Un’ultima notazione interessante riguarda una rilevante differenza tra la disciplina fiscale e quella del Libro Unico del Lavoro per quanto attiene alla comunicazione delle modalità  di tenuta e conservazione dei registri.

Ai fini fiscali, la tenuta dei registri informatici non costituisce oggetto di alcun obbligo di comunicazione nè preventiva nè successiva all’Agenzia delle entrate; non si può ritenere infatti che tale sia la finalità  della comunicazione dell’impronta dell’archivio informatico (quando entrerà  in vigore a regime), nè tanto meno delle comunicazioni prescritte ai fini dell’assolvimento dell’imposta di bollo. Sempre ai fini fiscali, inoltre, la Circolare 36 del 2006 ha chiarito che con la tenuta dei registri informatici è anche venuto meno l’obbligo di vidimazione preventiva, anche per quelle (ormai residuali) ipotesi in cui il corrispondente libro o registro  “cartaceo” è soggetto a tale obbligo (come, ad esempio, per alcuni dei libri sociali).

Ai fini del Libro Unico del lavoro, la scelta della tenuta del registro su supporti informatici, in luogo degli altri sistemi contemplati dallo stesso DM 9 luglio 2008, è oggetto di un obbligo di comunicazione scritta, anche via fax o e-mail, alla Direzione provinciale del Lavoro competente per territorio prima della messa in uso; ciò in quanto per i libri tenuti con modalità  informatiche sono venuti meno gli obblighi di vidimazione ed autorizzazione da parte dell’INAIL o dei soggetti a ciò autorizzati che restano, invece, fermi per i libri tenuti secondo modalità  diverse.

3.           Normativa fiscale e trasferimento delle quote di SRL
Un’altra interessante novità  è quella legata al trasferimento delle quote di SRL che, sulla base della nuova disciplina dell’articolo 36, comma 1 bis, del DL 112/2008, può essere effettuato anche attraverso un documento informatico, dotato di firma digitale, in alternativa alla più complessa procedura dell’articolo 2470 c.c. che, per i documenti cartacei, richiede l’autentica notarile delle sottoscrizioni.

Si tratta di una novità  di assoluto rilievo nel sistema, se non altro in quanto rivela l’intenzione del legislatore di incrementare ed incentivare il ricorso ai documenti elettronici per lo meno come mezzo di semplificazione della disciplina, coerentemente alle grandi “riforme” attualmente in atto in settori specifici.

Si tratta, ancora, di una novità  nel complesso ben accolta, come dimostra la tempestività  delle circolari esplicative sia dell’ODC sia di UnionCamere e come dimostra il fatto che nell’interpretazione della disciplina, fin dal primo momento, sia prevalsa la logica della semplificazione.

E’ noto infatti come all’indomani dell’introduzione nel sistema della norma appena citata, gli operatori del settore si siano sostanzialmente divisi tra coloro che ritenevano sufficiente la semplice firma digitale e chi riteneva necessario la firma digitale autenticata, con passaggio necessario dal notaio.

Ciò non era irrilevante sotto il profilo fiscale posto che, venuta meno l’autentica notarile, si trattava di individuare le concrete modalità  applicative per la registrazione dei nuovi atti di trasferimento delle quote di SRL.

In sintesi, la Circolare 58/E del 2008 prevede che le parti contraenti presentino all’ufficio locale il modello di richiesta della registrazione, unitamente ad un supporto di memorizzazione contenente l’atto dotato di firma digitale ed un esemplare cartaceo di questo. La procedura appena descritta è destinata ad operare solo temporaneamente, nelle more dell’apertura di un apposito canale telematico che consentirà  di superare l’obbligatoria allegazione di un documento cartaceo necessaria ai fini fiscali, ma non del tutto in sintonia con la normativa generale.

Della Circolare 58 preme evidenziare due elementi salienti ai fini della nostra carrellata:
a)           la necessaria apposizione della marca temporale, dopo l’apposizione dell’ultima firma digitale sull’atto di trasferimento, quale elemento che fornisce “data certa” all’atto ai fini del controllo sulla tempestività  della registrazione; tale adempimento è stato mutuato dalle previsioni della Circolare di UninCamere laddove la stessa ha introdotto la necessità  della apposizione di una marca temporale per consentire il controllo degli uffici sul corretto adempimento degli obblighi correlati, sia sul versante della iscrizione nel registro delle imprese sia sul versante dell’assolvimento dell’imposta di registro; 
b)           il richiamo all’articolo 23, comma 2 bis, del CAD nella parte in cui la Circolare chiarisce che il funzionario dell’Agenzia, dopo aver effettuato la preliminare verifica della validità  del documento presentato per la registrazione (inalterabilità , validità  della sottoscrizione, validità  del Certificato della CA, validità  della marca temporale apposta), deve produrre una copia cartacea del documento informatico, attestando lui stesso la conformità  all’originale in tutte le componenti. Al contribuente, infatti, viene restituito uno degli esemplari autenticati dell’atto, con la prova dell’avvenuto pagamento anche dell’imposta di bollo. L’altro esemplare ed il supporto di memorizzazione contenente l’atto informatico sono invece archiviati presso l’ufficio.

La prospettiva fiscale: evoluzione della posizione dell’Agenzia delle entrate
Il confronto, seppur breve, con le più recenti normative di settore ha consentito di evidenziare, già  nell’analisi preliminare, alcune sofferte interpretazioni della normativa.
a) Conservazione dei documenti analogici originali
Non è un mistero che la Circolare 36/E abbia, con un evidente ma giustificabile strappo alla lettera della norma, previsto l’intervento del PU a chiusura del processo di conservazione per i soli documenti analogici originali unici. Ciò per l’appunto al fine di rendere coerente la nostra normativa con le fonti generali di riferimento e per non appesantire il processo di conservazione. A ciò si aggiunga che la stessa interpretazione della nozione di documento unico è stata fatta con l’intento di evitare una eccessiva dilatazione della nozione di documento unico; in questo senso si può leggere la risoluzione 161/2007 dove è stato chiesto all’Agenzia di pronunciarsi sulla natura di documenti unici e non unici di alcuni documenti di rilievo anche  fiscale (ad esempio, nota spese dei dipendenti, scheda carburante etc).

b) convivenza di fatture elettroniche e fatture analogiche: i sezionale
Altro evidente sforzo interpretativo è stato compiuto quando si è trattato di coordinare l’esigenza di assicurare, nella conservazione, l’uniformità  del comportamento del contribuente, per periodi di imposta, con la convivenza necessaria di fatture analogiche e fatture elettroniche, specie per quel che riguarda il ciclo passivo.

Un’interpretazione rigida del dato normativo (in particolare dell’articolo 4 del DM 23 gennaio 2004), come peraltro originariamente contenuta nella Circolare 36/2006, imporrebbe di ritenere che il contribuente, scelta una determinata modalità  di conservazione di una certa tipologia documentale (ad esempio, delle fatture passive) debba procedere uniformemente per tutte quelle ricevute in un determinato periodo d’imposta.

E’ chiaro che un’interpretazione di questo tipo avrebbe reso gravosa la procedura di conservazione, specialmente in presenza di un gran numero di fornitori; con varie risoluzioni pertanto la rigidità  del dato normativo è stata progressivamente superata da un’interpretazione adeguatrice, nell’ottica della semplificazione e nel rispetto delle future esigenze di controllo.

Senza ripercorrere le varie tappe di questo processo di interpretazione che ha utilizzato la possibilità  di procedere all’istituzione dei registri sezionali, già  ampiamente riconosciuta, con la Risoluzione 260/2008 è stata espressamente riconosciuta la possibilità  di convivenza di fatture elettroniche e fatture analogiche, distintamente e separatamente annotate in appositi registri sezionali. Anche in questo caso, un’interpretazione di favore ha stemperato la rigidità  del dato letterale che, a ben vedere, non avrebbe consentito detta facoltà .

La carrellata sulla evoluzione della prassi amministrativa potrebbe continuare parlando ancora:
–          delle modalità  di conservazione delle copie delle dichiarazioni da parte degli intermediari abilitati alla trasmissione delle stesse (le copie delle dichiarazioni presso gli intermediari non devono necessariamente recare la sottoscrizione del contribuente e sono conservate secondo le regole del DM);
–          della facoltà  di nomina di più responsabili della conservazione;
–          dell’interpretazione della disciplina delle sanzioni applicabili nei casi di outsourcing.

Restano certamente aperti alcuni nodi interpretativi importanti che l’evoluzione del mercato ha messo e continuerà  a mettere al centro dell’attenzione dei diversi operatori coinvolti; nello stesso tempo, residuano alcune perplessità  legate ad alcune rigidità  richieste dalla normativa non superabili, tuttavia, in via interpretativa, per le quali la soluzione è solo di rango normativo.

 

Allegati

documenti/notizie/cazzato.pdf;Relazione;