L’Agenzia delle entrate, con nota del 20 settembre 2021, ha sottoposto all’Autorità Garante lo schema di provvedimento del Direttore dell’Agenzia recante “Regole Tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti Interscambio, nonché per la trasmissione telematica dei dati delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere”.
In tale ottica, l’art. 14 del DL 26 ottobre 2019, n. 124, modificando l’art. 1 del D.lgs. 5 agosto 2015, n. 127, amplia l’ambito di utilizzo dei file delle fatture elettroniche. La citata norma, tra le altre cose, ne prevede infatti la memorizzazione “fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, al fine di essere utilizzati:
- a) dalla Guardia di finanza nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria[1];
- b) dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali”, previa l’adozione, da parte di entrambe le Autorità, di apposite misure di sicurezza tecniche e organizzative a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati conformemente a quanto disposto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali.
[1] Di cui all’articolo 2, co. 2, del D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68 [compiti di prevenzione, ricerca e repressione di violazioni di varia natura, tra cui quelle in materia di imposte e tributi].
Le nuove regole tecniche per la memorizzazione delle fatture elettroniche
Le nuove regole tecniche andrebbero a sostituire il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018, in base al quale attualmente l’AE estrae dai file xml di tutte le fatture elettroniche che transitano sullo SDI i c.d. “dati fattura” – a esclusione di quelli relativi a natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione – che possono essere utilizzati, tra l’altro e in particolare, per controlli automatizzati, come ulteriore stimolo per l’adempimento spontaneo.
Tali nuove regole tecniche sono volte a disciplinare le modalità con cui l’Agenzia intende memorizzare e rendere disponibili, al proprio personale e al corpo della Guardia di finanza, i file xml delle fatture elettroniche e i dati in essi contenuti. Ciò che preme evidenziare al riguardo è la circostanza, non di poca rilevanza, che nell’ipotesi prospettata dall’AE vi sarebbero inclusi, salvo eccezioni, anche i dati relativi alla natura, alla qualità e alla quantità dei beni e dei servizi acquistati.
Il parere del Garante
Al fine di valutare l’adeguatezza delle garanzie prospettate dall’Agenzia delle entrate nello schema di provvedimento, il Garante ha acquisito un campione sufficientemente rappresentativo di fatture elettroniche relative a settori di attività ritenute maggiormente rischiose per i diritti e le libertà degli interessati.
Ebbene, l’analisi svolta ha evidenziato che dalle fatture sono più o meno direttamente desumibili diverse tipologie di informazioni, anche di natura molto sensibile, la cui consultazione da parte delle autorità non sarebbe necessaria al fine di contrastare l’evasione dell’IVA.
Le fatture, infatti – rileva il Garante nel Parere sullo schema di provvedimento – contengono dati, anche molto dettagliati ed ultronei alle finalità per cui vengono trattati, volti ad individuare – spesso a soli fini di garanzia, assicurativi o per prassi commerciali – i beni ceduti e i servizi prestati, con la descrizione delle prestazioni, i rapporti fra cedente e cessionario e altri soggetti, riferiti anche a sconti applicati, fidelizzazioni, abitudini di consumo.
Verrebbero individuati, inoltre, dati obbligatori imposti da specifiche normative di settore, con particolare riguardo ai trasporti, alle forniture di servizi energetici o di telecomunicazioni (tipologie dei consumi, fatturazione dettagliata, regolarità dei pagamenti, appartenenza a particolari categorie di utenti), con la presenza, all’interno dei file delle fatture elettroniche, di ulteriori dati utili alla gestione del ciclo attivo e passivo degli operatori, ma non rilevanti a fini fiscali (come, ad esempio, quelli contenuti negli allegati).
Il campanello d’allarme
Ebbene, la concentrazione, presso l’Agenzia delle entrate, di miliardi di fatture elettroniche contenenti, tra l’altro, informazioni di cui sopra, determinerebbe un’ingerenza sistematica e preventiva nella sfera privata dei cittadini non proporzionata all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza. Un accesso libero e indiscriminato a tutti i dati, a ben vedere, sarebbe un po’ come poter seguire, seppur ad intermittenza e non in tempo reale, i movimenti di una persona, le abitudini, gli acquisti, una sorta di profilazione.
E se a tali considerazioni aggiungiamo l’ingente mole di dati trattati – sono circa 2 miliardi le fatture elettroniche che annualmente risultano transitare sullo SDI dell’Agenzia delle entrate – e il periodo di memorizzazione delle stesse, è giusto allora che scatti un campanello d’allarme. Poiché tale mole deve essere salvaguardata, tra l’altro, da adeguate misure tecniche ed organizzative al fine di minimizzare i rischi di perdita e/o violazione di tali dati.
Sarebbe, quello ipotizzato, un giusto prezzo da pagare per continuare a combattere l’evasione fiscale in Italia?
L’intervento correttivo del Garante
Il Garante pone l’accento sull’importanza che l’acquisizione delle fatture elettroniche e dei dati in esse contenuti, nonché l’accessibilità a tali documenti e dati, risponda alle garanzie richieste dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. E tali garanzie non possono ricondursi alle sole misure di sicurezza informatiche che, per quanto robuste, rischiano di restare prive di efficacia se non accompagnate da misure di sicurezza organizzative e da misure volte ad attuare concretamente i principi fondamentali applicabili al trattamento dei dati personali (in particolare la minimizzazione e la limitazione delle finalità del trattamento e i tempi di conservazione) e i principi di privacy by design e by default.
A tal riguardo il Garante, dopo aver ricordato che il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) è fondato su un approccio basato sul rischio, fa presente che quando “la raccolta di una simile mole di informazioni, di cui è stata rappresentata la pervasività rispetto a ogni aspetto della vita quotidiana delle persone fisiche, viene accentrata presso una banca dati pubblica, questa diviene un patrimonio informativo di per sé destinato a essere oggetto di potenziali utilizzi da parte di innumerevoli soggetti e autorità pubbliche, ma anche, come da ultimo ribadito dal Consiglio di Stato, di richieste di accesso da parte da chiunque ne abbia interesse ai sensi della legge n. 241/1990”. A tal proposito il Garante, contestualmente al rilascio del parere all’Agenzia delle entrate – si legge nella nota dello scorso 27 dicembre – ha segnalato al Parlamento e al Governo l’opportunità di introdurre una disposizione legislativa per limitare l’utilizzo delle informazioni contenute nelle fatture elettroniche alle sole finalità di contrasto all’evasione fiscale, limitando i diritti di accesso alla documentazione amministrativa da parte di soggetti non collegati alla fattura, nel rispetto dei principi di proporzionalità, di liceità e correttezza e di minimizzazione del trattamento.
Alla luce di quanto sopra, il Garante ha, quindi, chiesto all’Agenzia delle entrate l’adozione di ulteriori garanzie finalizzate a tutelare la privacy dei soggetti coinvolti, e volte tra l’altro ad assicurare: l’inintelligibilità di alcuni campi relativi alle fatture afferenti al settore legale e l’esclusione della loro memorizzazione dalla banca di dati “fattura integrati”, l’inutilizzabilità dei dati xml delle fatture del consumatore finale al di fuori di specifiche ipotesi relative all’avvio di controlli puntuali sulla persona fisica.
Giova sottolineare, infine, che il Garante, nell’analizzare il campione acquisito di fatture elettroniche, ha rilevato un elevato numero di casi in cui le fatture sono state emesse in luogo di altri e differenti documenti commerciali e non in base a un obbligo imposto dalla normativa fiscale.
Tale pratica – fa notare l’Autorità – laddove avvenga in assenza di un obbligo di legge (art. 6, par. 1, lett. c) del GDPR), ovvero di una richiesta del consumatore finale (art. 6, par. 1, lett. a) GDPR), può violare il GDPR.