Con la Risposta n. 740 del 20 ottobre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in tema di dematerializzazione della nota spese prodotta dal dipendente.
La questione
Il processo che la società interpellante pone al vaglio dell’Autorità consiste in una procedura di completa informatizzazione delle note spese (con dematerializzazione della relativa documentazione giustificativa) prodotte dai propri dipendenti trasfertisti, che ne consente la creazione, il controllo, la contabilizzazione e la conservazione in formato totalmente digitalizzato. L’inserimento e l’invio della documentazione avverrebbe previo accesso alla rete, mediante credenziali univoche, da parte del dipendente o del suo delegato. I documenti ivi inseriti non verrebbero sottoscritti con alcun tipo di firma elettronica da parte del dipendente (o del suo delegato), salvo poi essere sottoscritti dal responsabile della conservazione, che vi appone la firma unitamente alla marca temporale.
Considerate tali circostanze, ci si domanda se la suddetta procedura – ivi compresa l’attività svolta su delega – sia conforme alle norme contenute nel D.M. 17/06/2014 ed in particolare ai presupposti di carattere generale di univoca riconducibilità della nota spese al singolo dipendente, generalmente soddisfatti con la sottoscrizione da parte degli stessi.
Le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate, richiamati alcuni suoi precedenti provvedimenti attinenti al tema in esame[1], ha innanzitutto sottolineato la necessità di fare preliminare riferimento, trattandosi di documenti informatici, al D. Lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD) e ai relativi decreti attuativi, ivi compresi quelli contenenti le regole tecniche per le firme elettroniche, la conservazione e la formazione dei documenti informatici. Fermo restando la necessità di rispettare le ulteriori normative di natura più prettamente fiscale.
Ricondotte, quindi, le note spese finalizzate ad ottenere la deducibilità dei relativi costi ai sensi del TUIR[2], tra i documenti informatici aventi rilevanza fiscale (ossia qualunque documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ai fini tributari), ha evidenziato la necessità che queste posseggano, tra le altre, le caratteristiche della immodificabilità, integrità ed autenticità.
Solo “laddove tali accorgimenti siano effettivamente presenti” – prosegue l’Autorità – “nulla osta a che i documenti analogici siano sostituiti da quelli informatici sopra descritti e che la procedura sia interamente dematerializzata”. Spetterà, poi, alla società istante che intende implementare tale procedura, verificare la sussistenza, nel caso concreto, di tali condizioni, che non sono verificabili in sede di interpello.
Per quanto riguarda, invece, l’apposizione di firma elettronica – di qualsiasi tipo essa sia – sulla nota spese dematerializzata, nella risposta all’interpello viene osservato come la normativa richiamata non ne richiede l’apposizione “ai fini della corretta formazione del documento informatico, né tantomeno ai fini della relativa rilevanza fiscale, ma solo allo scopo di riconoscerne l’efficacia e validità probatoria di scrittura privata prevista dall’articolo 2702 del codice civile (cfr. articolo 20, comma 1 bis, del CAD)”.
Analoghe considerazioni valgono per i giustificativi collegati alla nota spese, per la cui efficacia probatoria dovrà farsi riferimento anche all’art. 22, commi 2 e 3, del CAD, che indicano le condizioni da rispettare affinché le copie per immagine su supporto informatico di un documento analogico siano idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge, anche ai fini tributari. Salvo il caso in cui il giustificativo allegato alla nota spese non consenta di risalire al suo contenuto attraverso altre scritture o documenti di cui sia obbligatoria la conservazione, anche se in possesso di terzi, ed abbia pertanto natura di documento analogico originale unico: in tal caso – ricorda l’Agenzia delle Entrate – la relativa conservazione sostitutiva necessita dell’intervento del pubblico ufficiale prescritto dall’articolo 4, comma 2, del D.M. 17 giugno 2014.
A ciò si aggiungano gli ulteriori requisiti richiesti dalla normativa fiscale. A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che: “restano fermi, come ovvio, tutti gli ulteriori requisiti legislativamente individuati per la deducibilità dei costi (quali inerenza, competenza e congruità, secondo la previsione del TUIR e dei vari documenti di prassi in materia) e le modalità di imputazione dei redditi in capo ai soggetti rimborsati (cfr., ad esempio, l’articolo 69, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986)”, e con riferimento ai giustificativi di spesa ricorda che gli stessi, “anche se dematerializzati, devono comunque consentire la verifica dell’esistenza dei requisiti (quali inerenza, competenza e congruità) che consentono la deducibilità dei costi e l’imputabilità dei redditi in capo ai dipendenti cui viene rimborsata la spesa”.
Il parere dell’esperto – Avv. Luigi Foglia
Pur condividendone in pieno lo spirito di semplificazione, l’Agenzia delle Entrate dimentica ancora una volta – era già successo con le risposte ad interpello 403 e 417 del 2019 – quanto previsto dal DM 17 giugno 2014 in tema di copie per immagini “sostitutive” di documenti in origine analogici: il comma 1 dell’art. 4 del citato decreto, infatti, prevede che, ai fini tributari, il procedimento di generazione delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti e scritture analogici debba avvenire ai sensi dell’art. 22 del CAD e debba terminare “con l’apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale ovvero della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalla Agenzie fiscali”.
Ovviamente, ad avviso dello scrivente, nulla vieterebbe di affidare l’apposizione di tale firma ad un soggetto diverso dal contribuente (eventualmente anche lo stesso responsabile della conservazione o responsabile del servizio di conservazione, in caso di affidamento ad un Conservatore esterno) in tal senso, si ritiene comunque valido il processo portato all’attenzione dell’AE, a patto che sia stata correttamente gestita la delega verso il Conservatore.
Inoltre, anche a voler ritenere superato il precedente orientamento -che richiedeva la sottoscrizione delle copie (fingendo che con una circolare si possa “superare” un decreto ministeriale)- e pur apprezzando il tentativo di semplificare il processo, l’Agenzia deve però fare i conti con quanto prevedono le nuove Linee Guida AgID (adottate lo scorso settembre 2020, saranno le uniche operative dal gennaio 2022) che, confermando proprio l’impostazione dell’art. 4 del DM 17 giugno 2014, richiedono che nel caso in cui non vi sia l’attestazione di un pubblico ufficiale, la conformità della copia per immagine ad un documento analogico è garantita mediante l’apposizione della firma digitale o firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata o altro tipo di firma ai sensi dell’art. 20 comma 1bis, ovvero del sigillo elettronico qualificato o avanzato da parte di chi effettua il raffronto.
Si condividono in pieno, invece, le conclusioni relative all’apposizione della firma elettronica sulla nota spese: non tanto perché si ritiene effettivamente non necessaria una firma elettronica su tale documento ma perché, a ben vedere, la connessione tra l’autenticazione del dipendente alla propria area riservata e la nota spese creata a seguito di tale accesso possono essere considerate a tutti gli effetti una firma elettronica in grado di legare, in maniera più o meno affidabile, il contenuto della nota spese al suo autore.
[1] Con riferimento alla corretta modalità di gestione dei documenti analogici in vista della loro dematerializzazione e successiva conservazione con l’intervento o meno di un pubblico ufficiale: risoluzione 10 aprile 2017, n. 46/E, circolare 29 marzo 2018, n. 5/E. Con specifico riferimento alla procedura di dematerializzazione delle note spese prodotte dai dipendenti trasfertisti, risoluzione 21 luglio 2017, n. 96/E, risposte ad interpello n. 403 e 417, pubblicate rispettivamente il 9 ottobre 2019 e il 17 ottobre 2019.
[2] Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 22 dicembre 1986, n. 917).