Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle
[10-18_Inferno_Commedia_Dante]
Ricorre oggi, 25 marzo, l’inizio di un viaggio senza fine. Infatti siamo qui dopo 700 anni a celebrarlo. La discesa all’Inferno dantesco dal 2020 grazie al ministro Franceschini diventa il DanteDì. Per l’occasione sono scaturite molte iniziative legate al patrimonio documentario lasciatoci da Dante. Le sue opere annoverano quasi 800 copie e il lavoro di ricostruzione tuttora ingegna i vari dantisti del mondo.
Divina si diventa
Le interpretazioni date a questa opera abbondano, in questo grande poeta e in questa opera definita “divina” da Boccaccio potremmo trovare tutti delle risposte inaspettate alla nostra vita. Forse più di qualsiasi cosa Dante voleva lasciare sia una parte di sé sia una risposta a un’Italia “persa”, esattamente come lo era lui in quella selva.
Spesso non ci si è accostati abbastanza a quest’opera che ai nostri occhi liceali sembrava solo un “barboso” compito da fare a casa. Riscoprire quest’opera invece potrebbe darci molto culturalmente, ma soprattutto a livello umano.
L’insegnamento di un poeta
Il patrimonio che il Sommo poeta ci ha lasciato è un viaggio nel quale intervengono svariate figure: dannati che non si dimostrano pentiti dei loro peccati, ma grazie alla penna del poeta fanno emergere emozioni nel lettore uniche. Ci si sente vicini a quelle parole e allo stesso tempo si vorrebbe essere lontani. Le anime del Purgatorio sembrano invece volerci lasciare un dubbio insito in noi, “siamo poi così diverso?”. Per le prime due tappe di questo viaggio forse anche Virgilio, definito la Ragione, dimostra di perdere la sua suprema logica e man mano impara da Dante cosa significhi la parola “emozione” – o forse la riscopre dopo molti anni vissuti nel Limbo. Giunti al Paradiso invece incontriamo anime che hanno fatto della loro vita un esempio per gli altri, hanno trovato la felicità in Dio, intrecciate alle parole del poeta sembra esserci altro. La felicità si trovava soprattutto nella loro vita terrena, alcune anime lo hanno scoperto però patendo molto prima di capire. L’ultimo messaggio è forse quello più significativo ed è nascosto nella figura stessa del suo ultimo accompagnatore: Beatrice. La donna che cambia la vita del poeta, gli insegna a muovere i suoi ultimi passi: lo ammonisce, lo rimprovera e lo rimette sulla “giusta via”. Non a caso gli ultimi versi della Commedia sono quelli su cui bisognerebbe riflettere di più “L’amore move il sole e l’altre stelle”, chi sa se Dante si riferiva solo e soltanto a Dio.
Segui l’iniziativa
Con questa piccola riflessione vi proponiamo di guardare un’iniziativa dell’Archivio di Stato di Milano, realizzata in collaborazione con la scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica dell’ASMI: “I papi simoniaci del XIX Canto dell’Inferno di Dante: Niccolò III, Bonifacio VIII e Clemente V attraverso i documenti dell’Archivio di Stato di Milano”